Chi sono
Il Cuore in ogni scatto
di Demetrio Guzzardi
Mario Greco è nato nel 1954 a Castagna di Carlopoli, un centro della Sila Piccola Catanzarese. Nei primi anni ’70 studia a Catanzaro e in quel periodo scopre la magia della fotografia; da una particolare scatoletta si riusciva a raccontare il mondo, innanzitutto il suo, fatto di uomini e donne che a malapena tiravano la giornata. Mario in quegli anni ha archiviato nella sua mente e nel suo cuore, immagini, situazioni e suoni. Ma un ragazzo di 20 anni ha bisogno anche di evadere dal suo paese; l’occasione è la frequenza di un corso di fotografia a Torino. Raccoglie le sue poche cose da mettere in valigia e parte verso la conquista della città sabauda; là troverà una folta comunità di calabresi che lavorano nelle grandi fabbriche, cercando di mettere definitivamente dietro le proprie spalle le varie situazioni di miseria e di sottosviluppo che si vivevano in quell’epoca nei paesi montani del sud.
Mario vuol vivere la fotografia e nella scuola che frequenta acquisisce nuove nozioni; quotidianamente porta i suoi scatti in un’agenzia fotografica e riceve pochi spiccioli che gli consentono inizialmente di pagare la pigione e di mangiare una volta al giorno… o a pranzo o a cena. Le sue inquadrature piacciono ai responsabili e così gli si aprono nuovi spazi. La sera, ad esempio, per guadagnare qualcosina scatta foto nei locali: ai clienti fa piacere mettersi in posa e ricevere, dopo pochi minuti, un ricordo di una giornata particolare.
Ma il giovane di Castagna che lascia la sua terra e i suoi affetti per la grande città del Nord in cerca di fortuna, non può accontentarsi di fare fotografie solo nei banchetti di ristoranti e trattorie. Riesce, per caso, a farsi notare da un giornalista che collabora con alcune riviste di musica. La proposta è allettante: seguire i cantanti e i gruppi musicali più in voga in quegli anni nei grandi concerti in giro per l’Europa.
Fotografare Bob Dylan, Santana, Peter Gabriel, i Genesis, i Pink Floyd, i Deep Purple e altri complessi pop è una cosa da non perdere assolutamente. Viaggiare per le capitali europee con il tesserino “press” e poi settimanalmente vedere i propri scatti pubblicati sui periodici più in voga nel mondo giovanile come Ciao 2001, è già un traguardo, anche se solo qualche volta le foto portavano la sua firma, perché le agenzie che acquistano i servizi non sempre sono corrette.
In quegli anni in cui si respiravano i grandi cambiamenti epocali, specialmente da parte dei giovani, due erano le strade che molti percorrevano: la musica e la politica. Il rock era già un modo per contestare e cambiare il mondo, per dire basta alle disuguaglianze sociali e per affermare il diritto all’università per tutti. Le foto dei concerti rappresentano un simbolo per i giovani che sono diventati protagonisti di una nuova stagione. L’Italia però era esclusa dai grandi raduni per via dei gruppi extraparlamentari che violentemente reclamavano concerti gratis per gli studenti e i proletari, ma tanti desideravano essere aggiornati su quello che si muoveva nel panorama musicale europeo ed americano. A qualcuno venne l’idea di registrare integralmente i concerti e proiettarli successivamente nelle sale cinematografiche. Mario Greco, che era salito su quei palchi e che aveva scattato migliaia di foto, fu scelto come responsabile per il Sud e la Calabria nel convincere i proprietari dei cinema a fittare le proprie sale per proiettare questi film-concerto. Anche da noi fu un successo, come in tutta la penisola, ad esempio quello registrato dai Pink Floyd a Pompei sbaragliò i botteghini in tutte le sale, sold out… tutto esaurito per più giorni.
Per seguire più da vicino questa nuova attività Mario era ritornato a Castagna dove molti suoi amici vollero proprio lui come fotografo per i loro matrimoni, fu così che insieme a sua moglie Gianna pensò di aprire nel suo paese uno studio fotografico.
I primi servizi nuziali li aveva realizzati in un piccolo centro del torinese, Rivarolo Canavese, dove “un vecchio fotografo si fidò di me e mi fece fare un tirocinio sotto la sua sapiente guida”. Il lavoro vero e proprio era la foto da cerimonia: matrimoni innanzi tutto, ma anche battesimi, prime comunioni, fototessera e sviluppo di rullini, ma per arrotondare non disdegnò di aprire una sezione dedicata agli elettrodomestici, in primis la vendita dei televisori a colori. “Se uno ti chiama per avere un bel servizio fotografico per il suo matrimonio, bisogna lavorare sodo e continuare ad aggiornarsi per conoscere le ultime attrezzature e i nuovi gusti”.
Sono gli anni ’80 e Mario Greco approfondisce le varie tecniche ma soprattutto si fortifica in lui il desiderio del racconto fotografico: in ogni scatto tutto deve essere al posto giusto, ad iniziare dalla luce che deve indicare la direzione allo sguardo di chi poi vedrà la foto.
Nei matrimoni nessun click può andare perduto: nel tempo delle pellicole e dell’album a 100 pagine il rito deve essere immortalato momento per momento. Il fotografo ha un margine di libertà solo a casa della sposa e nelle foto post-cerimonia religiosa, mentre gli invitati aspettano che inizia il banchetto.
Se solo volesse potrebbe scrivere un trattato di antropologia della festa nuziale: la sposa, i familiari, le amiche, i parenti, le comari della ruga, gli invitati importanti, il prete, il ristoratore, tanti i personaggi che si muovono attorno al grande giorno. Spose di paese e spose di campagna, il fotografo Greco entra nelle case di tutti, è pagato per questo, perché quei momenti devono essere ricordati e devono risultare, attraverso le sue foto, più belli di quelli vissuti. Qualche volta la sposa non ha le sembianze di una soubrette, ed allora Mario valorizza solo il sorriso o gli occhi, che proprio quel giorno sprizzano di felicità; altre volte per dare maggior risalto al contesto, le foto a casa vengono fatte con lo sfondo dei peperoncini messi al sole per essere essiccati, oppure sulle macchine agricole per sottolineare il grande valore della ruralità.
“Dopo molti anni ho capito che il successo del mio lavoro è rendere felici gli altri, è riuscire a strappare un sorriso sia prima dello scatto, che a lavoro ultimato. Non sono mai invadente, ho imparato a vedere la foto già prima di scattarla, ecco perché cerco sempre il consenso di chi è davanti al mio obiettivo”.
Naturalmente Mario Greco ama la fotografia, anche oltre il suo lavoro, ma questo tipo di attività vuole i suoi spazi, i suoi tempi e nei momenti liberi, con l’indispensabile macchina fotografica (nel corso del tempo ne ha cambiate parecchie, che custodisce gelosamente in un piccolo museo personale nel suo studio), è ritornato bambino, alla ricerca di quelle scene, di quei paesaggi, di quelle atmosfere che aveva visto quando era un adolescente. Con le sue foto cerca di ridare vita a quel passato che inesorabilmente sta scomparendo: gli antichi mestieri, gli oggetti di lavoro di appena ieri, ma soprattutto gli animali che hanno popolato le nostre campagne.
Da qualche tempo, nel suo paese, il proprietario di un’importante struttura turistica con annesso un piccolo zoo, ha voluto che pascolassero liberamente una decina di asini; Mario non perde occasione per fotografarli: sotto la neve, con la pioggia, mentre mangiano: “Da bambino con i miei amici facevamo a gara a riconoscere il contadino che ritornava dalla campagna, dal raglio del suo asino”.
Negli anni ha comprato numerosi libri fotografici per conoscere i grandi fotografi italiani e stranieri: “Ho capito leggendo e guardando i volumi illustrati che la mia fotografia è quella sociale, dove l’attore principale è l’uomo a lavoro, molte volte accompagnato da animali domestici. La gente che ritraggo anche per strada, non mi sente estraneo, sono uno di loro, magari mi hanno visto all’opera durante un matrimonio e mi accettano così come sono e si fanno fotografare”.
Ho accompagnato spesso Mario Greco in vari reportage e posso testimoniarlo: riesce subito ad entrare in empatia con chi è fotografato, gli sa parlare, lo convince a farsi ritrarre e quando il soggetto è ormai caduto nella sua “rete”, gli chiede di posare, con naturalezza e semplicità.
Anche il più burbero diventa come un ragazzino pronto a farsi immortalare solo per far contento il fotografo.
“La domanda che tutti mi fatto è sempre la stessa: Ma poi che ne fai di queste foto?. Ora rispondo semplicemente che li carico sul sito e poi con il pulsante apposito le condivido sulla mia pagina Facebook che ho fondato e che dirigo: “Calabria Fotografia Sociale”; ma molti miei scatti sono stati pubblicati sulle riviste di Agricoltura edite dalla Regione Calabria”.
Per dare una risposta al solito quesito, Mario ha organizzato diverse mostre per far vedere a tutti una parte del suo lavoro. Il suo sogno nel cassetto, però, resta quello di realizzare un volume fotografico, dove far conoscere non solo i luoghi della Calabria, ma soprattutto la sua gente.
Il reportage sugli ultimi carbonai di Serra San Bruno è diventato una fotogallery ancora presente e molto cliccata, sul sito del quotidiano “Repubblica.it”. Da tre anni espone le sue foto durante la Settimana della Cultura calabrese a Camigliatello Silano, dove ha incontrato tanti amici ed estimatori, come il direttore della sede Rai della Calabria che ha definito “alvariane” le foto di Mario Greco, proprio nell’edizione di quest’anno dedicata ai sessant’anni della morte di Corrado Alvaro. Lo scrittore di San Luca, nel suo celebre romanzo “Gente in Aspromonte” racconta l’epopea degli uomini e delle donne che vivono e lavorano in montagna, ma a Mario da qualche anno frulla qualcosa di nuovo per la testa:
“Mi piacerebbe, da silano, accostarmi all’affascinante mondo della pesca, dopotutto se lo guardiamo dall’alto il mare è lo specchio della montagna”.